PAOLO CONSORTI // FIGHTERS

Paolo Consorti // FIGHTERS

A cura di Gloria Gradassi

Opening 5 Dicembre 2024 ore 18.00 – 21.00

5 Dicembre 2024  – 14 Febbraio 2025

 

Temporanea sintesi di un processo di rigenerazione pittorica

di Gloria Gradassi

In Fighters Paolo Consorti riassume alcuni temi fondamentali del suo percorso artistico. Il paesaggio futuribile e post-apocalittico, tutto pittorico ma segnato dalla fluidità dei processi digitali, che restituisce una natura vista nella sua dimensione primordiale, e l’uomo, in perenne dissidio con se stesso, i suoi simili e la natura stessa. Figure e spazio si dissolvono le une nell’altro, dando vita a visioni mutevoli e dinamiche che spostano l’immaginazione su un futuro in cui uomo e mondo sono raccontati nella loro nuda essenza. La collocazione temporale sospesa, indecifrabile e volutamente indefinita, posiziona l’opera in un classico tempo interiore che sfugge alla catalogazione e di cui emerge il mistero e la complessità.

 

L’opera d’arte che incide non spiega ma domanda, insinua dubbi, si lascia esplorare nel suo ermetismo, non è un rebus da risolvere ma un mistero che resta sospeso. Le opere di Consorti attraggono, seducono e si lasciano penetrare, conservando sempre il loro carattere enigmatico. Lo sguardo accede ad una dimensione labirintica, di visioni sovrapposte, tempi differenti, memoria ancestrale e immaginazione futuribile. L’occhio si posa e si concretizza un’immagine, ma dietro ad essa si apre uno scenario con una sua logica differente al quale se ne agganciano altri ancora, tanti strati, sfaccettati e incastrati in una soluzione estetica unitaria.

Molteplici mondi vivono sulle tele, come a voler riassumere la storia in un’immagine, un unico respiro, carico di tensione e universale. Alcuni frammenti appaiono depositati su basi sicure, altrove le figure scivolano in abissi di memoria e diventano rarefatte. Il colore, a volte rappreso, viene incontro all’osservatore, altrove la tela lo assorbe fino a farlo divenire liquido e sintetico.

L’immagine così fa propria una potenza quasi umana, vive, palpita, nelle stratificazioni di coscienza e memoria che convivono nella visione. Paolo Consorti rende visibile qualcosa di sfuggente che è il suo modo di vedere l’essere umano nell’essenza.

Queste complesse operazioni avvengono per l’artista in modo organico e utilizzando tecniche con cui ha segnato una strada per innovare la pratica della pittura. Consorti ha reso naturale la contaminazione tra tradizione pittorica, profondamente fatta propria, e l’altrettanto esperita pratica del digitale.

Ha usato tutti gli strumenti di un fare antico e contemporaneo in modo eterodosso, piegando tecniche e tecnologie ad usi differenti rispetto ai quali le stesse erano state concepite e progettate. Le ha letteralmente manipolate in processi sperimentali materializzando una visione diversa. A volte in modo più dichiarato, con citazioni del passato rilette in chiave ultra contemporanea, a volte nella ricerca di sottigliezze e in modo meno palese.

Le radici di queste sperimentazioni affondano nella seconda metà degli anni Novanta, quando l’artista fu uno dei primi ad utilizzare in modo pionieristico procedimenti meccanici e digitali nella realizzazione dell’immagine pittorica, rendendo la pittura decisamente più contemporanea pur conservandone la natura.

Nel corso di quasi tre decadi l’operazione di fusione tra pittura tradizionale e digitale è stata sempre più affinata da Consorti che ha reso i suoi processi, caratterizzati da una successione di interventi pittorici su tele dipinte, digitalizzate e ridipinte, più e più volte, un’inestricabile procedimento alchemico che può a pieno titolo essere considerato un nuovo modo di fare pittura.

Nel processo il fare pittura in alcuni momenti esce dalla tela, Consorti infatti non si limita a dipingere un quadro, ma costruisce veri e propri “set” pittorici e  “tableaux vivants” che, digitalizzati, entrano a far parte di un mondo visivo fluido e assorbente. E’ la pittura che ingloba alla fine ogni elemento. La pennellata, spesso ampia e decisa, si confronta con la precisione millimetrica dell’immagine digitale, creando un gioco di tensioni tra organicità e artificialità.

La tecnica del “mixed media on canvas”, dicitura utilizzata dall’artista per riassumere la somma di tutti questi procedimenti, tanto variegata da mutare di volta in volta, è la sintesi linguistica di questa ibridazione che include la fotografia, la pittura digitale e il video come strumenti per costruire le composizioni.

Oggi questa modalità operativa, che destava in origine curiosità e al tempo stesso resistenza, può essere considerata consolidata e matura. Una tecnica affascinante che aggiunge le finezze e il sapore dell’immagine digitalizzata alla sapienza della pittura dei maestri.

Ciò che Consorti non perde mai di vista è l’armonia, che dissimula ogni meccanismo ed ogni artefatto. Le immagini vivono infine una loro vita altra, autonoma, in un trionfo dell’estetica.

La serie Fighters è una sintesi visiva, dove l’alchimia è arrivata alla giusta temperatura. Le immagini sono potenti ma equilibrate, coinvolgono senza debordare. Digitale e manualità nascono insieme in queste opere, sono un processo creativo e mentale prima che materiale. Nulla di più, nulla di meno, sembra voler dire l’artista, che consegna all’osservatore un lavoro ben sedimentato, elegante e fortemente evocativo.

 

DAVIDE MARIA COLTRO // ASTRAZIONE MEDIALE

DAVIDE MARIA COLTRO // ASTRAZIONE MEDIALE

LA MOSTRA CONTINUA FINO AL 22 NOVEMBRE 2024
A CURA DI VALENTINA BIANCHI

La sorpresa è un’esplosione di attenzione. I Quadri Mediali di Davide Maria Coltro possono sorprenderci perché sfuggono a certe aspettative di staticità, univocità, e permanenza su cui la pittura spesso si basa; ma più della texture, del soggetto, del trattamento della luce, ciò che le tele sovvertono è la distribuzione della nostra attenzione. Non basta uno sguardo per coglierne la presenza, l’esistenza. Per loro natura di flussi variabili e ininterrotti, i quadri non possono che essere esperiti in modo parziale: non importa quanta concentrazione dedichiamo loro, delle tele possiamo assistere a una serie finita di momenti. L’esposizione dei Quadri Mediali non rappresenta il momento conclusivo della creazione artistica, ma uno spaccato sul processo. Ogni opera funge da canale aperto tra l’artista e la spettatrice, consentendo al processo creativo di continuare anche oltre il momento della mostra. Gli schermi sono finestre sul flusso randomico programmato dall’artista e cambiano costantemente, seguendo alcuni parametri prestabiliti. Attivata così la nostra attenzione disordinata (da intendere non in senso negativo ma semplicemente come diffusa, sparsa), come osservatori siamo sfidati a rinunciare a fare esperienza del tutto. In un mondo digitale e reale in cui la registrazione e diffusione delle opere d’arte è più che mai facile, scontata, e pluriangolare, visitando questa mostra siamo invitati alla distrazione, cioè il dislocamento dell’attenzione. Possiamo rassegnarci felicemente allo scorrere e all’impermanenza, e alla nostra impossibilità di dedicare la stessa concentrazione a tutto ciò che ci appare di fronte. Coltro, come praticamente tutti gli artisti contemporanei, lavora in un contesto in cui lo sguardo del pubblico è condizionato dall’uso di dispositivi digitali e dall’abitudine a fruire contenuti in modalità frammentata. Il suo lavoro fin dalle prime sperimentazioni mira a stimolare un processo di introiezione più profondo, invitando lo spettatore a un coinvolgimento intimo e consapevole con l’opera. A partire dalla fine degli anni Novanta, Coltro ha esplorato il linguaggio fluido dei mezzi digitali, prefigurando non solo le tendenze artistiche contemporanee, ma le modalità stesse in cui le immagini oggi si diffondono e esperiscono. La collaborazione con Pietro Gagliardi, iniziata nei primi anni 2000, ha rafforzato e stabilito tale ricerca e ha contribuito alla diffusione di queste nuove percezioni. L’innovazione di questa indagine non si riscontrano tanto nella relativa novità del medium impiegato, quanto nella esplicitazione
del cambiamento costante dell’arte e della nostra percezione: quando uno schermo viene installato nella galleria o nella casa di un collezionista, esso diventa un portale attraverso cui fluisce un’esperienza pittorica che esiste già in potenza, e che anzi esiste con più originalità in quell’intervallo tra la creazione e la presentazione. L’importanza storica del contributo dell’artista risuona nelle riflessioni sull’estetica relazionale di Nicolas Bourriaud, risalenti al periodo in cui la sua poetica si solidificava: “gli artisti inventano modi di vivere, oppure creano la consapevolezza di un momento M nella catena di montaggio dei modelli di comportamento sociale, rendendo possibile immaginare un ulteriore stato della nostra civiltà 1 ”. Le esplorazioni estetiche di Coltro plasmano la nostra percezione del mondo, intrecciandosi con ciò che ci è sempre stato familiare e riscrivendo il tessuto delle nostre interazioni. È un atto di speculazione continua, in cui il digitale diventa un mezzo per decodificare e amplificare la realtà, aprendo varchi verso dimensioni inaspettate. Questo gioco di riflessi non si esaurisce nelle funzionalità, ma scava nelle profondità dei modelli sociali e culturali, germinando in nuove possibilità. La sorpresa e l’effetto delle opere in mostra dipendono non solo dalle mutazioni interne all’opera stessa, ma anche dalla disposizione mentale del pubblico, abituato a interagire con un flusso costante di immagini in movimento, ma senza che gli venga richiesta attenzione prolungata. Mentre lo “scroll” senza scopo sui social media è un’azione familiare, la distrazione, o meglio l’attenzione diffusa a cui siamo invitati davanti alle tele mediali ci sembra una novità ben accetta. Nella sua più recente pubblicazione 2 Claire Bishop ha accostato il concetto di ‘refreshing’ – l’aggiornamento delle pagine web – nelle sue riflessioni sull’arte contemporanea, facendo riferimento a quel processo di continua riattivazione e rinnovamento dell’attenzione del pubblico che caratterizza alcune performance presentate all’interno del contesto museale. Potremmo applicare questa analogia alle opere in mostra: i Quadri Mediali e la Scultura Mediale funzionano in parte come browser estesi, dove le diverse temporalità e configurazioni dell’opera possono essere esplorate a discrezione del pubblico o piuttosto a seconda del momento e dell’attenzione dello spettatore. L’osservatrice ha la possibilità di “navigare” tra i diversi momenti dell’opera, scegliendo dove focalizzare la propria attenzione, pur restando sempre in balia delle scelte dell’artista e dell’hardware a sua disposizione, che controllano il ritmo e la sequenza dei cambiamenti. Il tempo nelle
installazioni di Coltro è organizzato in cicli e flussi continui, ma include anche momenti di sorpresa e cambiamenti improvvisi che rimettono in discussione l’idea di linearità temporale, in particolar modo nel caso della performance di attivazione ripetuta in occasione di Surprise il 19 settembre 2024. Le tele operano su un’indissolubile interconnessione tra la volontà dell’artista e quella del fruitore. Non abbiamo un pieno controllo sull’interazione con l’opera, ma possiamo comunque decidere come e quando “cliccare” o muoverci, scegliendo di esplorare o ignorare determinati elementi, seguendo il
nostro istinto nel decidere quando avvicinarci o allontanarci. La riproduzione e diffusione delle mostre attraverso i social media è una pratica comune e diffusa sia per i musei e le gallerie sia per i visitatori. Questo tipo di documentazione, spesso condivisa in tempo reale, non solo amplifica la visibilità delle mostre, ma talvolta finisce per sostituire l’esperienza diretta delle opere. In un’era sempre più digitale, è difficile separare la interazione tradizionale con l’arte dalla sua rappresentazione online.
Alla luce di queste riflessioni è naturale domandarsi quale sia l’esperienza della fruitrice che decida di fotografare le opere esposte, e in cosa differisca da quella di chi dedichi la sua totale attenzione alla presenza inafferrabile e continua dei Quadri Mediali. L’osservatrice è trascinata in un flusso confuso tra reale e virtuale, attraverso la trasmissione della variazione costante. Anche in questo caso, siamo un pubblico che particolarmente si presta all’ambiguità, avvezzi come siamo all’esperienza “per altri”,
filtrata dalle fotocamere dei nostri smartphone. Quale esperienza avrà più valore, sarà ricordata, condivisa e riprodotta attraverso i social, e in che modo quest’ultima si trasformerà, rimangono questioni aperte.

 

THEOTHERS 2024

GIULIANA CUNEAZ // QUI MA NON ORA

Giuliana Cunéaz // QUI MA NON ORA
Opening 30 ottobre ore 18.00
30 ottobre 2024 – 24 gennaio 2025

Per la sua terza mostra personale in collaborazione con la Galleria Gagliardi e Domke, Giuliana Cunéaz espone La belle au bois dormant (2023), l’installazione concepita come una macchina dei sogni che consente allo spettatore di sognare a occhi aperti attraverso un’esperienza immersiva individuale. Ciascuno, sdraiandosi su un letto realizzato dall’artista con un pattern che evoca l’universo tecnologico, si trova di fronte alla propria visione proiettata su un monitor inserito nella parte superiore del baldacchino: lo spettatore innesca un processo scrivendo una frase su un tablet, che viene rielaborata in base ad alcuni input che per mezzo dell’intelligenza artificiale vengono tradotti in emozioni reali.

In sintonia con il tema guida di Artissima The Era of Daydreaming l’installazione giunge a Torino dopo essere stata esposta a Milano, Parma, al Labirinto della Masone e a Rimini. Il titolo dell’opera si riferisce alla celebre fiaba di Charles Perrault La bella addormentata nel bosco, con la differenza che qui si chiede allo spettatore di non addormentarsi lasciandosi trasportare in un universo onirico.

Segno e sogno trovano infatti una loro sintesi formale in base a un metodo innovativo dove l’artista intreccia la sua poetica con le tecnologie più sofisticate. La belle au bois dormant è un’opera realizzata con il sostegno di Var Digital Art e la consulenza tecnica di Roberto Beragnoli. Alla parete, alcuni di questi esiti completano l’esperienza installativa offrendo la visione di opere inedite del ciclo dei Sogni che consentono un’ulteriore coinvolgimento emozionale dello spettatore. Come recita il titolo della mostra, Qui ma non ora è una suggestione che ci costringe a ripensare a noi stessi e al continuo scarto temporale e spaziale a cui siamo sottoposti. L’indagine di Giuliana Cunéaz, che da più di vent’anni usa la tecnologia come supporto espressivo attraverso molteplici sperimentazioni, supera la dimensione fisica in una continua ricerca verso una prospettiva altra, tanto che il percorso di visita prosegue con l’esposizione di una serie di opere realizzate con l’ausilio dell’intelligenza artificiale e della realtà aumentata dedicata agli Spiriti Guida degli animali (2024) intesi come numi tutelari.

In questo caso l’artista ci pone di fronte a opere enigmatiche dove le immagini di animali rappresentano la sintesi di un processo più articolato dove ciascun soggetto, una volta inquadrato da uno specifico QR code, si trasforma sul proprio smartphone in un’animazione in realtà aumentata che incarna lo Spirito Guida. Dall’installazione La belle au bois dormant agli Spiriti Guida degli animali appare evidente come Giuliana Cunéaz in questa ultima fase del suo lavoro abbia saputo adattare ancora una volta le più attuali soluzioni tecnologiche a un processo di carattere emozionale.

SURPRISE

SURPRISE, group show

ARTSY SHOW

Apertura mostra 19 settembre 2024, dalle 16.00 alle 23.00

Un evento inatteso, una mostra inconsueta, se sarete fortunati la sorpresa vi pervaderà.

Primo e più evidente boulversament sarà quello che genererà l’osservare DAVIDE MARIA COLTRO – inventore del quadro elettronico – intervenire sulle sue tele elettroniche. Mostra a cura di Valentina Bianchi, che scrive: “La sorpresa è un’esplosione di attenzione. I Quadri Mediali di Davide Maria Coltro possono sorprenderci perché sfuggono a certe aspettative di staticità, univocità, e permanenza su cui la pittura spesso si basa; ma più della texture, del soggetto, del trattamento della luce, ciò che le tele sovvertono è la distribuzione della nostra attenzione. Non basta uno sguardo per coglierne la presenza, l’esistenza. Per loro natura di flussi variabili e ininterrotti, i quadri non possono che essere esperiti in modo parziale: non importa quanta concentrazione dedichiamo loro, delle tele possiamo assistere a una serie finita di momenti. L’esposizione dei Quadri Mediali non rappresenta il momento conclusivo della creazione artistica, ma uno spaccato sul processo. Ogni opera funge da canale aperto tra l’artista e la spettatrice, consentendo al processo creativo di continuare anche oltre il momento della mostra. Gli schermi sono finestre sul flusso randomico programmato dall’artista e cambiano costantemente, seguendo alcuni parametri prestabiliti.

Il secondo paradigma da sovvertire riguarda il colore, PAOLO BASSO vi propone la sua ricerca sul colore e sul nero assoluto che sfocia e si condensa in un termine: ACRONIMOCROMIA e si manifesta in un video e in una serie di stampe fine art. Paolo ha scritto un-quasi-trattato sull’argomento. Se la semplice visione dei lavori vi apre a curiosità forse potete trovare modo di soddisfarle.

Non vado oltre. In ogni caso quel che è certo che ogni artista di galleria presente in SURPRISE sarà ri-leggibile, magari nel dialogo spregiudicato fra opere, in maniera inconsueta se non sovversiva: è il caso di MARGOT QUAN KNIGHT che sfiora il mondo digitale per dipingere la scomposizione in pixel di conversazioni skype o per fissare ambienti vissuti quotidianamente ma  frantumati in una scomposizione post-cubista.

La mostra include lavori di Piero Gilardi, Vittorio Messina, Santissimi, Daniel Spoerri, Jelena Vasiljev, Fabio Viale, Erwim Wurm

Buona visione!

 

Fine mostra prevista per il 18 ottobre 2024

DAVIDE MARIA COLTRO // QUANTUM LANDSCAPES // THEPHAIR

Davide Maria Coltro solo show
Apertura 3 maggio 15.30-19.30
Inaugurazione 4 maggio 2024, ore 21.00
ART NIGHT fino alle ore 24.00
3-4-5 maggio Art-Breakfast 10.00-12.00 — 15.30-19.30
Via Cervino 16 – 10155 Torino

 

3 4 5 maggio 2024
THE PHAIR 
OGR, Torino – Sala Fucine, Corso Castelfidardo, 22

 

Dai MEDIUM COLOR LANDSCAPES all’ASTRAZIONE MEDIALE, Davide Maria Coltro, accreditato come pioniere dei nuovi media grazie allo sviluppo del Quadro Mediale, dalla fine degli anni Novanta ha sviluppato una ricerca poetica dai contenuti estetici sorprendenti, rinuncia consapevolmente ad ogni tecnica espressiva tradizionale assumendo devices, bit, pixel come unici materiali da porre in relazione tra loro con la ferma volontà di rimanere in continuità teorica e storica con la pittura.

Nel 2003 Coltro proponeva in galleria a Torino i MEDIUM COLOR LANDSCAPES, paesaggi come risultanti di un esercizio del vedere in rapporto alla storia dell’arte. Visioni alterate cromaticamente, in un cortocircuito che rende omaggio alla stagione del “Pittorialismo”, un approdo a stesure monocrome che fanno vibrare la lirica del colore. La fisicità con cui le sue opere si porgevano allo spettatore è sempre stata vicina alla pittura anche se in due accezioni molto diverse: nella cosiddette “Filiazioni”, stampate in esemplare unico su carta fotografica e ricavate da momenti irripetibili del flusso e nei Quadri o Moduli Mediali – interamente progettati e prodotti dall’artista per piegare la tecnologia alle esigenze della sua ricerca poetica. L’esito inconsueto è percepibile anche ad uno sguardo superficiale e questa apparente facilità di lettura ha generato un ampio consenso di pubblico. Nel 2011 Coltro presenzia alla Biennale di Venezia con un’installazione di dimensioni considerevoli dal titolo Res-Publica I, composta da 96 Moduli Mediali ed un flusso di centinaia di icone di paesaggio che trasmette da remoto alla sua opera in perenne mutamento. Negli ultimi anni l’artista distilla ancora la sua produzione ponendosi domande fondamentali sulla pittura elettronica, approda all’ASTRAZIONE MEDIALE, restituendo esperienze visive ancora una volta inedite quanto originali, nuove connotazioni astratte e sintetiche in un codice dove il tempo diventa “materia pittorica” che danza con la luce ed il colore delle superfici mediali. Il Museo MAGA di Gallarate e la Fondazione Antonio Calderara celebrano questi esiti con due mostre personali, proponendoli in originale continuità teorica con la grande ricerca astratta del Novecento.

 

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Davide MC Storytellers
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Davide Maria Coltro (Verona, 1967) è artista e ricercatore. Tra le istituzioni nazionali e internazionali che hanno ospitato o acquisito le sue opere si ricordano: la Galleria Civica di Trento, la Galleria d’arte Moderna Achille Forti di Verona, la GAM di Verbania, il Museum of Modern Art di Mosca, Padiglione Italia Arsenale alla cinquantaquattresima Biennale di Venezia, GASC Villa Clerici di Milano, Künstlerhaus di Graz, Collezione Paolo IV di Brescia, Fondazione Lercaro di Bologna. Nel 2023 VAF Fondazione / Stiftung dedica una monografia all’opera completa dell’artista. Nel 2024 il Museo MAGA produce una mostra personale che esplora l’Astrazione Mediale e che sarà in seguito ospitata dalla Fondazione Antonio Calderara mentre il MART di Rovereto espone le sue opere figurative della serie Arborescenze. Vive e lavora tra Milano ed il Lago Maggiore.

Elizabeth Aro // atelier aro

ELIZABETH ARO solo show
Inaugurazione 25 gennaio 2024, ore 18.00-21.00
Via Cervino 16 – 10155 Torino
La mostra sarà visitabile fino al 12 aprile 2024

 

Dopo aver messo al centro dell’ultima mostra Handle With Care la sua riserva d’arte – il proprio magazzino – Pietro Gagliardi, d’intesa con l’artista argentina Elizabeth Aro, presenta negli spazi di Via Cervino ATELIER ARO, una mostra ricca di opere inedite.

Chi ha dimestichezza con gli studio visit degli artisti sa che nessuna mostra può riproporre e trasmettere la freschezza che si coglie durante un incontro di artista nel suo studio. ATELIER ARO si propone di ribaltare questa idea ricreando in un contesto altro, rispetto allo studio dell’artista, la stessa spontaneità con cui si interagisce e si scoprono le opere nel suo laboratorio. 
Ho visto Elizabeth al lavoro alle prese con decine di metri di rami fogliati che avrebbero in seguito formato LABYRINTH – un’opera fra le più iconiche create dalla Aro su invito di Domenico Maria Papa, Direttore Artistico di Art Site Fest 2023 –. L’impressione che mi è rimasta è che fosse impossibile non perdersi fra centinaia di foglie, ritagliate e cucite a mano, con mano esperta, in un prezioso velluto liscio realizzato dalla maestria unica e storica di Redaelli 1893. Una materia, il velluto, che da sempre scatena e fertilizza la creatività dell’artista e che trasmette con naturalezza, prima allo sguardo e poi al tatto, l’idea di bellezza.
Dice la Aro: in molte civiltà il labirinto rappresenta l’itinerario che l’Io deve percorrere per raggiungere la saggezza, dopo aver superato una prova, come un rito di passaggio. L’uomo viene messo alla prova perché è l’immagine spaziale di una situazione in cui bisogna superare una prova rischiosa ed è il simbolo di una realtà della vita: ne puoi uscire vittorioso o sconfitto. 
Non resta che provare.

Visitando l’atelier di Elizabeth si può facilmente consolidare l’idea che fili, rocchetto, forbici, e velluti di pregio siano la tavolozza d’elezione con cui si esprime, ma è meglio non fermarsi alla prima impressione. Nella ricerca quotidiana, fotografia, video, pastello, matita, carboncino, sanguigna, vetro, incisione, e poi ancora parole – di altri –, tutto concorre a riempire la giornata di lavoro di Elizabeth, a far emergere un sentimento coeso, un pensiero unico e poliforme, un’esperienza etica in cui l’artista invita l’uomo a riflettersi.
Elizabeth usa le mani. I manufatti che riempiono gli anfratti del suo studio vengono da lei manipolati e rimanipolati, l’impressione che ne ricavi è che non siano mai ultimati, la realtà è che lei stessa è spettatrice dei suoi lavori, li indaga, li impregna col suo sguardo e con il suo contatto, alla fine ti offre di fare altrettanto. Così i suoi lavori diventano il tuo cibo o i tuoi vestiti e, anche tu, provi il brivido di essere autore.
Dal 25 gennaio e fino al 12 aprile, la possibilità di immergersi nell’opera di Elizabeth Aro attraverso un contatto non paludato e non stereotipato sarà un’esperienza coinvolgente. Da non perdere.

Elizabeth Aro è un’artista interdisciplinare argentina. Nata a Buenos Aires, si è laureata in pittura presso la Scuola Nazionale di Belle Arti Prilidiano Pueyrredón e frequentato storia dell’arte presso l’Universidad Nacional de las Artes (UNA). Ha vissuto in Spagna per quindici anni. Attualmente vive e lavora a Milano. Le sue opere sono in musei e spazi pubblici e privati in tutto il mondo. Aro utilizza il tessuto, quasi sempre velluto, per creare installazioni site-specific. La sua produzione si caratterizza anche di disegni, gouache e foto. Molte delle sue opere sono installazioni che modificano la percezione dello spazio da parte dello spettatore. L’artista ritiene che la rottura degli stereotipi di genere sia un importante passaggio culturale, così come lo è una maggiore consapevolezza dell’impatto dell’uomo sugli equilibri della Natura indagando anche temi legati alla formazione dell’identità e alla memoria. 

PAOLO BASSO // Mitosi n.20

In contemporanea alla mostra ARO ATELIER la galleria presenta un’installazione video di Paolo Basso: MITOSI N.20
Se in un quadro l’aspetto statico della cromia – dice Paolo Basso – sembra suggerire la fine del colore fra una pennellata e l’altra, nelle mitosi – in biologia riproduzione cellulare dove una cellula madre genera due cellule figlie – il colore non muore ma cambia forma, si riproduce senza avere continuità in un ciclo infinito in cui la staticità non esiste.
Paolo Basso (Cuneo 1982). Già tecnico di Laboratorio medico sanitario e musicista, Da alcuni anni si dedica alle arti visive dove con uno spirito da poeta-ricercatore fertilizza il suo talento con le esperienze passate fissando sempre più in là gli obiettivi di sperimentazione digitale.

 

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GLASER/KUNZ, FABIO VIALE // ARTE ALLE CORTI

5 ottobre 2023 – 6 gennaio 2024
ARTE ALLE CORTI è un percorso espositivo di installazioni e sculture di arte contemporanea, nelle corti dei grandi palazzi storici di Torino.

Progetto ideato da Silvio Ferrero
A cura di Olga Gambari

 

GLASER/KUNZ
Palazzo Birago di Borgaro, corte
FABIO VIALE
Palazzina Marone Cinzano, giardino
Fabio Viale – Stele

 

Mostra diffusa, arte dinamica che si sviluppa all’aperto, attraverso 13 corti e 3 giardini della Torino aulica e istituzionale. Corti come gallerie, come palcoscenici, come luoghi d’arte, capaci di mettersi in gioco e di accogliere e dialogare con opere artistiche.
Arte alle corti è da vivere come una passeggiata en plein air, spostandosi a piedi e con una mappa in mano, lungo un ideale fil rouge che collega diversi punti del centro cittadino, attraverso l’architettura aulica. È un modo per conoscere e impossessarsi di un territorio spesso sconosciuto, seppur quotidiano e familiare, reso scontato dall’abitudine e dall’incapacità di guardarsi realmente attorno. Il progetto, infatti, si rivolge prima di tutto ai cittadini stessi, oltre che ai turisti: un pubblico invitato a entrare in questi meravigliosi scrigni, trasformati in scene aperte grazie all’arte.
Glaser/Kunz – Homeless

 

Sono anche coinvolte le gallerie di arte contemporanea in quanto, oltre all’Accademia Albertina di Belle Arti, rappresentano la fucina-laboratorio delle nuove realtà artistiche emergenti.
In ogni tappa del percorso è stata attivata una ben studiata dialettica di connessione/contrapposizione spaziale e estetica fra le opere e le caratteristiche specifiche degli ambienti. L’abbinamento e l’incontro tra opera e luogo crea nuovi scenari immaginari, nati dalla combinazione produttiva di elementi inaspettati. Scaturiscono suggestioni che fanno rileggere arte e architetture, donando loro vite diverse, secondo anche la visione teatrale propria del Barocco, il cui fine era la meraviglia tramite l’illusione scenica.
 
Fabio Viale – Stargate

 

Arte alle corti non è solo una manifestazione internazionale di arte contemporanea, ma può considerarsi anche uno strumento con cui generare ricadute economiche positive attraverso le spese che il pubblico, cittadini e turisti, attiverà sul territorio lungo il percorso urbano d’arte. È un evento che quindi può generare impatti di natura socio-culturale, ma anche economica.
Con il patrocini di Regione Piemonte, Città di Torino, Città Metropolitana di Torino

Richi Ferrero // Uomini Pietra

22 novembre, ore 18
visitabile fino al 30 novembre
Via Cervino 16 – 10155 Torino
Ufficio stampa: gio.zerboni@gmail.com 0039 338 2002220

 

Un avvenimento raro… una galleria d’arte contemporanea espone il suo magazzino. Centinaia di opere chiuse, imballate e nascoste alla vista vivono nell’attesa di essere chiamate in scena per essere attori nella loro fissità, staticità. In galleria avviene così – frequentemente – un processo osmotico fra il magazzino e l’area espositiva. L’ultima mostra – Handle With Care – materializza e mette a fuoco questo processo.

 

 

Richi Ferrero, fra gli artisti presenti nella mostra con alcune opere in cui si riconosce la sua cifra stilistica, un efficace impasto di luce, magia e provocazione, valica la porta del magazzino e rende ora il magazzino stesso protagonista.
Il Magazzino è un luogo metafisico.
Tra le innumerevoli casse accatastate ce n’è una evidentemente mal chiusa dalla quale la creazione che conteneva ne è uscita e si è fatta immagine depositandosi nello spazio immagazzinata nell’aria. Una rara sorpresa. L’opera ha un nome “Uomini Pietra”.
Di cosa si tratta? Come sanno quelli che conoscono il modo di procedere di Richi Ferrero si tratta di molte cose, di scultura, di luce, di video. Di spettacolo. Da non perdere.
L’appuntamento è per il 22 novembre alle ore 18.00. Si replica fino al 30 novembre al calar del sole.

 

Video Ideato e diretto da Richi Ferrero
Musiche originali di Tax Farano
Realizzazione video di Claudio Paletto

 

2 Richi Ferrero Immagini Video Uomini Pietra
4 Richi Ferrero Immagini Video Uomini Pietra
3 Richi Ferrero Immagini Video Uomini Pietra
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