Fabio Viale // Fifteen
Gagliardi e Domke presenta:
#FabioViale – Fifteen
06.04.2017 to 29.07.2017
Via Cervino 16
10155 Torino
Performance #YoungSignorino | 22.30-23.00
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Fabio Viale ritorna a Torino con una grande mostra: “FIFTEEN”.
Celebra il legame che da quindici anni accomuna Fabio Viale alla galleria GAS e in particolare al suo fondatore Pietro Gagliardi.
Nel 2003 nasceva la GAS e nello stesso anno Fabio Viale faceva la sua prima performance sul Po con “Ahgalla” la barca di marmo che sarebbe presto diventata icona fra le icone del lavoro di Viale. Un segnale forte di un artista il cui carattere non poteva sfuggire a Pietro Gagliardi abituato – per il bakground acquisito da creativo in pubblicità – a scoprire dove si nascondono i talenti capaci di costruire ponti di empatia fra il pubblico e l’arte contemporanea.
Da “Kick-starter”, prima personale dell’artista nel 2005 nella prima sede di GAS in corso Vittorio Emanuele, occlusa dalla grande installazione del “Palloncino aerospaziale” che vedeva anche l’esordio di “Infinito” – presto si sarebbe manifestata come una serie fortunata – a “Souvenirs” in cui veniva presentata “Pietà” un masterpiece dell’artista, alle numerose partecipazioni a mostre e fiere internazionali, da Basilea a Miami, da New York a Mosca, da Parigi a Londra alle performances di Venezia, San Pietroburgo, Mosca, sono innumerevoli gli episodi di successo e di riconoscimento della levatura artistica di Viale che hanno attraversato questi quindici anni sancendone il livello internazionale.
Un’opera inedita della serie “Souvenirs” sarà presentata proprio in occasione della mostra.
Attraverso il marmo Michelangelo definì David, il simbolo eroico della purezza classica. Oggi quel volto subisce una frattura che determina lo spazio tra passato e presente creando una nuova immagine. Marchiato dagli stessi tatuaggi sfoggiati dal trapper Young Signorino, il David cerca una nuova identità che gli appartenga. Figlio dei nuovi Media e grazie all’uso dei social, Signorino ha infranto il sistema arrivando dritto al suo pubblico sulle note del celebre “Mmh ha ha ha”. La nuova rinascita è visibile in Souvenir David, l’inedita scultura di Fabio Viale e cardine della mostra “FIFTEEN”.
Dal Serrone di Monza al Premio Henraux e al Premio Cairo, a Fabio Viale, l’artista che a Carrara viene considerato quello che maggiormente ha saputo svecchiare il marmo in questo secolo, non mancano i riconoscimenti.
A Viale non è mancata neppure l’intuizione per immaginare che il quartiere dove si trova ora la sua abitazione e il suo studio: “Barriera”, sarebbe col tempo diventato un quartiere trendy di Torino. Fu a seguito del suo insediamento che la GAS, sempre più impegnata in promozione della scultura e di opere installative bisognose di grandi superfici, trasferì la galleria dal centro in questa nuova realtà post industriale, incuneandosi fra casa e studio dell’artista.
Chi conosce Viale sa che è una sua pratica quotidiana ribaltare il senso delle cose alla scoperta di nuovi significati. Anche nel catalogo in pubblicazione per la mostra si esercita in questa sua prassi ribaltando una consuetudine che spesso vede l’artista intervistato dal gallerista. In questo caso infatti sarà lui l’intervistatore.
A ragion veduta con “FIFTEEN” si celebra un esemplare sodalizio artista-gallerista. Per i visitatori della mostra, articolata negli oltre 700 m di via Cervino 16, sarà un’opportunità unica per scoprire alcune opere fondamentali che attraversano tutta l’attività dell’artista fino ad arrivare ai più recenti capolavori appena esposti alla Glyptothek di Monaco di Baviera.
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Gagliardi e Domke presents:
#FabioViale – Fifteen
06.04.2017 to 29.07.2017
Via Cervino 16
10155 Torino
Performance #YoungSignorino | 22.30-23.00
The Italian marble sculptor Fabio Viale returns to Turin with a wonderful exhibition called FIFTEEN. It celebrates the bond that Viale has since fifteen years with the GAS gallery (now Gagliardi e Domke) and in particular with its founder Pietro Gagliardi.
The artist, who was born in Cuneo in 1975, plays virtuously with his favourite material, marble, and messes up our usual ways of seeing. For instance with larger-than-life screw plugs, filigrane paper airplanes or car tires that are apparently made from rubber, but are actually also made from marble.
Viale often chooses examples from antiquity such as the Laocoon group, and covers these sculptures with tattoos. Or he reworks classical sculptures in such a way that they seem to have been made from styrofoam and not out of marble.
The GAS gallery started in 2003 and in the same year Fabio Viale executed his first performance on the Po river with ‘Ahgalla’, the marble boat that would soon become one of his icons. A strong signal from an artist whose character could not escape Pietro Gagliardi who – through his background as a creative in advertising – was accustomed to discover hidden talents capable of building emphatic bridges between an audience and contemporary art.
From Kick-starter, the artist’s first solo show in 2005, to Souvenirs in which his masterpiece ‘Pietà’ was presented, numerous participations in international exhibitions and fairs lead Fabio Viale from Basel to Miami or Moscow. Performances in Venice or St. Petersburg contributed to establish his international standing as well as prestigious prizes from the Fondazione Henraux, Querceta – Lucca 2012 or the 15th Premio Cairo in Milano. The city of Carrara goes as far to define him as the artist that brought marble into the new millennium.
Viale intuitively imagined that the difficult neighbourhood where his home and his studio are now located, Barriera, would over time become the trendy neighbourhood of Torino. GAS followed his footsteps – increasingly committed to promoting sculptures and installation works and in need of larger surfaces, the gallery moved from the city centre to this new post-industrial surroundings, wedged between the artist’s house and his studios.
With his marble sculpture ‘David’, Michelangelo created a symbol for this classic hero. This face is now not only transferred into the present time but has simultaneously been turned into a new image. Decorated with the same tattoos as the successful rapper Young Signorino, ‘David’ finds a new, contemporary identity. As a child of his time, Signorino used social media to bring the tune of his famous ‘Mmhha ha ha ha’ directly to his audience. A similar rebirth can be seen in ‘Souvenir David’, the new sculpture by Fabio Viale, which forms the cornerstone of the exhibition FIFTEEN.
With good reason FIFTEEN celebrates an exemplary artist-gallerist association. Visitors of the exhibition, which will occupy more than 700 sqm of Via Cervino 16, will have a unique opportunity to discover some of the fundamental works of the artist up to the most recent masterpieces exhibited earlier this summer at the Glyptothek in Munich.
Those who know Viale also know that it is his daily practice to overturn the normal sense of things to discover new meanings. For the catalogue that is published on this occasion, he reverses a custom that often sees the artist interviewed by the gallerist, being himself the interviewer of the gallerist.
Martina Brugnara // Alloggiamenti
Gagliardi e Domke presenta:
#MartinaBrugnara – Alloggiamenti
20.9.18 – 26.10.18
Via Cervino 16
10155 Torino
4.10.18, ore 18.00, aperitivo con l’artista in galleria.
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In occasione della ripresa delle attività autunnali e dell’inizio della stagione 2018-2019 la galleria di via Cervino 16 propone al collezionismo più assetato di novità la terza personale della giovanissima artista Martina Brugnara. Dopo “Congerie” del 2016 e “Fred” presentato nel 2017, al piano superiore della galleria il 20 settembre Martina presenta “Alloggiamenti”.
Nell’ultimo anno Marina (25) è stata osservata con interesse da alcune prestigiose istituzioni e premi emergendo al punto da conquistarsi una mostra in Italia al Mart e in Germania alla Stadtgalerie Kiel.
Se nelle precedenti due personali a Torino Martina si palesava come artista Millenial e come tale il suo lavoro veniva pervaso da una pratica di Economia Circolare (i suoi ritatti della famiglia Elsener erano assemblaggi di utensili raccattati con capacità rabdomantiche da Martina in casolari dispersi, e da lei riportati a nuova e duratura vita grazie al filtro dell’immaginazione), anche in quest’ultima mostra, la pratica che muove il marketing a premiare la size impression ingigantendo i blister e i contenitori di ogni oggetto – e quindi anche degli utensili – viene messa sotto osservazione critica da Martina. I suoi strumenti attraversati dal tempo e quindi inutilizzabili, qui scompaiono e di loro non resta altro che una traccia in una ridondante quanto rigorosa ed evocativa custodia-cassaforte.
Parlando del suo ultimo lavoro l’artista dice:
“L’analisi dell’oggetto è uno dei cardini della mia ricerca, dopo averne esplorato le potenzialità attraverso la creazione di un processo nichilistico attivo, in cui il momento di distruzione veniva sovrascritto dalla necessita di realizzare qualcosa che avesse una identità nuova, la mia attenzione si è spostata sulla produzione dello stesso.
La riproduzione, nella concezione moderna, è un atto comune che tende a dar vita ad un enorme quantità di oggetti identici e molto spesso ideati per un uso estremamente limitato nel tempo, l’unicità intesa come insieme di un contesto storico e di una testimonianza d’uso, viene cosi a mancare, stravolta da un processo di standardizzazione in cui lo studio dell’oggetto, risulta prerogativa solo di una limitata cerchia di beni.
L’oggetto comune perde cosi la propria aura andando incontro al bisogno di una società che necessita come scriveva Walter Benjamin di un avvicinamento, sia spaziale che umano con esso. Il prodotto di queste scelte crea una mancanza che molto spesso non viene notata, una privazione che credo debba essere messa in luce, una luce neutra che vuole creare nello spettatore il bisogno di affrontare questa tematica.
La mia attività si lega, indissolubilmente al contatto con la materia e alla necessità di plasmarla in quello che è il prodotto della mia ricerca, per fare ciò necessito di una serie di strumenti che sono sia mentali che fisici. L’utensile è quindi il mezzo fisico grazie al quale sono in grado di lavorare, un prolungamento del corpo che lo eleva e lo specializza, rendendolo in grado di compiere azioni irrealizzabili.
Risulta quindi evidente come nell’analisi dell’oggetto la mia attenzione si sia focalizzata sugli attrezzi, già fondamento dell’ anima di Karl, da queste premesse nascono questi nuovi involucri, idealmente delle casette per attrezzi, che tramite la loro spazialità diventano basamenti che mettono in mostra tramite appositi alloggiamenti la mancanza dell’utensile, la sede predisposta per il collocamento infatti sarà privata della sua funzione principale, diventando il contenuto e non più il contenitore.
Il mancato inserimento degli attrezzi è il fulcro stesso del lavoro, partire dalla necessità di alloggiare nel modo più ottimale uno strumento, costruendo per esso una custodia su misura rende evidente la privazione che metto in atto, azione che è necessaria a mostrare la perdita che la riproduzione impone all’oggetto. Ciò che davvero manca non è l’oggetto in sé ma la sua storia, mostrare o meno il prodotto di una standardizzazione equivale a non mostrare nulla, in quanto da esso non si può ricavarne l’aura, il contesto in cui esso sia stato pensato e la testimonianza di un vissuto, di un’usura”.
#MartinaBrugnara
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Gagliardi e Domke gallery presents:
#MartinaBrugnara – Alloggiamenti
20.9.18 – 26.10.18
Via Cervino 16
10155 Torino
4.10.18, 6.00 pm, aperitif with the artist at the gallery.
On the occasion of the resumption of autumn activities and the beginning of the 2018-2019 season, the gallery in via Cervino 16 presents the third solo exhibition of the young artist Martina Brugnara. After “Congerie” in 2016 and “Fred” presented in 2017, Martina will present “Alloggiamenti” on the upper floor of the gallery on the 20th September.
In the last year Marina (25) has been observed with interest by some prestigious institutions and awards, emerging to the point of winning an exhibition in Italy at Mart and in Germany at Stadtgalerie Kiel.
In in the previous two solo shows in Turin Martina showed herself as a Millennial artist and as such her work was pervaded by a practice of Circular Economics (her rituals of the Elsener family were assemblies of tools collected with rhabdomite skills by Martina in scattered cottages, and brought back to new and lasting life by the filter of the imagination), also in this last exhibition, the practice that moves marketing to reward size impression by magnifying the blisters and containers of each object – and therefore also of the tools – is put under critical observation by Martina. Her instruments, crossed by time and therefore unusable, disappear here and nothing remains of them other than a trace in a redundant, rigorous and evocative safe custody.
Speaking of her latest work, the artist says:
“The analysis of the object is one of the cornerstones of my research, after having explored its potential through the creation of an active nihilistic process, in which the moment of destruction was overwritten by the need to create something that had a new identity, my attention has shifted to the production of the same.
The reproduction, in the modern conception, is a common act that tends to give life to a huge quantity of identical objects and very often designed for an extremely limited use in time, the uniqueness understood as a combination of a historical context and a testimony of use, is thus missing, disrupted by a process of standardization in which the study of the object, is the prerogative of only a limited circle of goods.
The common object loses its aura, meeting the need of a society that, as Walter Benjamin wrote, needs an approach, both spatial and human, with it. The product of these choices creates a lack that very often is not noticed, a deprivation that I think should be highlighted, a neutral light that wants to create in the viewer the need to address this issue.
My activity is inextricably linked to the contact with matter and the need to shape it in what is the product of my research, to do this I need a series of tools that are both mental and physical. The tool is therefore the physical means thanks to which I am able to work, an extension of the body that elevates and specializes it, making it able to perform unrealizable actions.
It is therefore clear that in the analysis of the object my attention has been focused on the tools, already the foundation of the soul of Karl, from these premises these new shells are born, ideally tool houses, which through their spatiality become bases that show through special housings the lack of the tool, the location prepared for placement in fact will be deprived of its main function, becoming the content and no longer the container.
The failure to insert the tools is the very core of the work, starting from the need to house an instrument in the most optimal way, building a custom-made case for it makes the deprivation clear that I put in place, the action that is necessary to show the loss that the reproduction imposes on the object. What is really missing is not the object itself but its history, whether or not to show the product of a standardization is equivalent to not showing anything, as it can’t be derived from the aura, the context in which it was designed and the testimony of an experience, of usury.
#MartinaBrugnara
Aurore Valade // Mexican interiors
Gagliardi e Domke presenta:
#AuroreValade – Mexican Interiors
05.05.2018 to 29.07.2018
Via Cervino 16
10155 Torino
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In occasione di Fo-To 2018 Gagliardi e Domke presenta la mostra personale dell’artista francese Aurore Valade.
Aurore Valade disegna dispositivi fotografici partecipativi dove invita persone anonime a (ri)giocare momenti ispirati alla loro vita quotidiana. Le sue immagini si basano su testimonianze e storie che cercano di disegnare un territorio che è al tempo stesso intimo e sociale. Si tratta di raccontare identità complesse in cui i personaggi si rivelano e si fondono attraverso il loro ambiente. Gli interni fotografati sono altrettanti piccoli musei privati dove si accumulano oggetti che testimoniano il mescolarsi e il rimescolarsi della cultura popolare messicana.
Tra inventario e finzione, le composizioni fotografiche di Aurore Valade concentrano frammenti di vita, e il tempo, quello dell’abitare, diventa il soggetto principale.
“Le mie fotografie non sono momenti decisivi ma una costellazione di momenti ordinari che si sovrappongono come frammenti di una totalità perduta e ricomposta all’infinito. Non esito a mescolare più vedute della stessa scena in un’unica fotografia per fondere dettagli e frammenti in una forma che ha senso solo attraverso l’accumulo che la fa nascere. La narrazione non è lineare, diventa compatta come se si cercasse di unire una molteplicità di storie. La profondità di campo si estende all’infinito e dal primo piano allo sfondo dispiega una nitidezza impossibile senza l’aiuto del computer che opera i “collage”. L’immagine è una superficie senza profondità. Nulla è reale in questo spazio apertamente teatrale se non la sincerità con cui il ritratto viene offerto al nostro sguardo. Nel mio lavoro compatto lo spazio e il tempo.
Ogni immagine è la storia di una vita che viene esposta nel momento in cui sembra esplodere in eccesso e saturazione. Lavoro con questo eccesso per dare alle mie immagini una lettura che richiede sempre più tempo. È una lettura laboriosa perché è importante decifrare l’immagine e far lavorare i nostri occhi per catturare gli innumerevoli dettagli. Lo spettatore è quindi invitato a cambiare posizione: dal contemplatore dell’immagine diventa investigatore, cercando di comporre un puzzle che potrebbe comunque mancare. L’immagine si propone come un ammasso di segni che mobilitano gli indizi di un enigma.
L’enigma potrebbe essere quello di questi oggetti che ci circondano e compongono la nostra biografia. L’enigma sarebbe anche quello della polvere che si deposita lì, anche se tutte queste cose ci sopravvivranno. O l’enigma di questo volto che ci guarda impassibile come se avesse fatto un patto con lo spazio che lo circonda fino a fondersi in esso e fraintendersi. E se non ci trovassimo più di fronte a ritratti, ma a nature morte, a queste vite silenziose che sono irrimediabilmente fuori dal tempo?
Tuttavia, un indicatore temporale ci ricorda il presente: il diario del giorno inserito in ogni fotografia della serie “Mexican Interiors” indica una data molto concreta e ci rivela il caos del mondo esterno che sembra molto più agitato di questi interni saturi che fotografo. Questo tempo presente dell’immagine è già per noi, spettatori contemporanei, un tempo: non è più il Presidente francese Holande a stringere la mano alla sua controparte messicana. Eppure questo gesto è emblematico, e se è contestuale potrebbe anche essere passato attraverso altri tempi. Non si tratta quindi di mettere il ritratto fuori dal tempo, ma di metterlo al lavoro in tempo utile. Queste fotografie sono biografie imperfette, frammentarie e desiderose di futuro che tentano di abitare le vestigia e la vertigine di un mondo agitato.”
Le immagini della serie “Mexican interiors” saranno allestite in stretto dialogo con immagini della serie “Sempervivum decorum”.
In un giardino botanico abbandonato, il nome scientifico delle piante è stato sostituito dai nomi dei turisti, scolpiti sulle foglie dei cactus.
“Potremmo anche essere sorpresi in presenza di un cactus quando si guarda a questo inventario di stile Perec. Coperte di graffiti come un vecchio muro di Pompei, catturate con un lampo nella luce notturna di un cimitero, queste immagini non sono meno ritratti di tutti gli altri. Non sono semplici immagini di aloe o agavi, ma rappresentano fantasmi del presente. Di notte, graffiti o cartellini coprono ogni singolo angolo con petizioni alle madri, parole sovrabbondanti e firme abbellite. Isolate dalla luce fotografica, queste piante barbute grezze diventano più umane dell’essere umano più sensibile di tutti. Con le loro foglie simili a carciofi pungenti, ricoperte di petizioni umane, questi dazibaos vegetali rivendicano più di un semplice status artistico e, per un attimo, si trasformano in ritratti indistinti delle nostre pratiche urbane.”
François Bazzoli, Des éclats d’Aurore, text from the exhibition
“Le temps de l’été” Museum of Modern Art in Collioure, 2008.
#AuroreValade
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Gagliardi e Domke Gallery presents:
Aurore Valade – Mexican interiors
05.05.2018 to 29.07.2018
Via Cervino 16
10155 Torino
On the occasion of the Fo-To project 2018, Gagliardi e Domke gallery presents a solo show by french artist Aurore Valade
Aurore Valade designs participatory photographic devices where she invites anonymous people to (re)play moments inspired by their daily lives. Her images are based on testimonies and stories that try to draw a territory that is both intimate and social. It is about telling complex identities in which the characters reveal themselves and merge through their environment. The interiors photographed are like many small private museums where objects accumulate that testify the mixing and remixing of popular Mexican culture.
Between inventory and fiction, Aurore Valade’s photographic compositions concentrate fragments of life, and time, that of living, becomes the main subject.
“My photographs are not decisive moments but a constellation of ordinary moments that overlap like fragments of a totality lost and recomposed infinitely. I do not hesitate to mix several views of the same scene in a single photograph to merge details and fragments in a form that makes sense only through the accumulation that gives rise to it. The narrative is not linear, it becomes compact as if we were trying to unite a multiplicity of stories. The depth of field extends to infinity and from the foreground to the background unfolds a sharpness impossible without the help of the computer that operates the “collages”. The image is a surface without depth. Nothing is real in this openly theatrical space except for the sincerity with which the portrait is offered to our view. In my compact work, space and time, each image is the story of a life that is exposed when it seems to explode in excess and saturation. I work with this excess to give my images an increasingly time-consuming reading. It is a laborious reading because it is important to decipher the image and make our eyes work to capture the countless details. The viewer is therefore invited to change position: from the contemplator of the image he becomes an investigator, trying to compose a puzzle that could be missing. The image is presented as a mass of signs that mobilize the clues of an enigma.
The enigma could be that of these objects that surround us and make up our biography. The enigma would also be that of the dust that is deposited there, even if all these things will survive. Or the enigma of that face that looks at us impassively as if it had made a pact with the space that surrounds it until it merged into it and misunderstood. What if we were no longer faced with portraits, but still lives, with these silent lives that are irreparably out of time?
However, a time indicator reminds us of the present: the diary of the day included in each photograph in the series “Mexican Interiors” indicates a very concrete date and reveals to us the chaos of the outside world that seems much more agitated than these saturated interiors than the photographer. This present time of the image is already a time for us contemporary spectators: it is no longer the French President Hollande who shakes hands with his Mexican counterpart. Yet this gesture is symbolic, and if it is contextual it could also have gone through other times. It is not a question of putting the portrait out of time, but of putting it to work in time. These photographs are imperfect biographies, fragmentary and eager for the future, trying to inhabit the vestiges and the vertigo of a troubled world.
#AuroreValade
Glaser/Kunz // Warum Kunst?
Gagliardi e Domke proudly announces:
#Glaser/Kunz – Warum Kunst?
@Kunsthalle Weishaupt, Museum Ulm
19.o2.2017 – 6.08.2017